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"FOTO AL MONTE BIANCO"

by AnnaMaria Tettamanzi




Sullo sfondo la sommità del monte Bianco. Una vista eccezionale, durante la settimana trascorsa con amici. La cresta innevata si confonde col cielo. La luce è forte ma il sole è nascosto.
Noi quattro siamo in posa per una foto ricordo. In piedi proiettiamo sul terreno davanti delle ombre corte. Sono le due di un pomeriggio d’agosto. Dietro i nostri polpacci sta un basso parapetto. Sotto si indovina lo strapiombo. Si intravede la conca di Morgex con le case in miniatura.
Guardiamo attenti chi ci sta inquadrando, concentrati nell’attimo.
Ci chiamano “quelli di Varese” anche se, in realtà, A. è un ragazzo di Busto Arsizio, J. è svizzero e di frequente torna a Basilea.
B. è la più disinvolta, dice qualcosa al fotografo. Assistente sociale, è abituata a comunicare.
J. si nasconde dietro la sua barba scura. A. indossa una tuta raffinata e che insegna Educazione Fisica si capisce. Io sorrido, lo faccio sempre nelle foto. Ho le mani nelle tasche di una giacca a vento: mi sta larga.
Nella foto domina il bianco, i colori degli abiti e dei rami d’abete risaltano in quell’atmosfera rarefatta.
Formiamo un gruppetto compatto. Una macchia viva nel contrasto con rocce grigie e neve abbagliante. Ma non siamo di quelli che si abbracciano nelle foto. Ognuno è un pianeta a sé. Anche se siamo vicini. Anche se abbiamo un sentire comune.
Durante il viaggio verso Testa d’Arpy, passando da Aosta e La Thuile, ci siamo soprannominati ”i quattro moschettieri”. La baita, messa a disposizione, ha ospitato lo sforzo per “costruire” al meglio noi stessi. Abbiamo condiviso passato ed emozioni, all’interno di un gruppo. Ci siamo rivolte delle domande: sulla vita.
Metà degli anni ’80, un po’ delusi cerchiamo nuove speranze. I nostri pensieri volano verso le vette, inseguono una visione dall’alto.
La foto appare simbolica. Siamo a 2500 metri di altitudine! Domani ci eleveremo ancora di più. Con la funivia, ai 3800 metri del massiccio. Poi torneremo a casa.
Lo scatto fissa i nostri visi rivolti al futuro. Lo immaginiamo, ne abbiamo ancora tanto davanti. Anche se quasi trent’anni sono già parecchi!

Oggi, più di due decenni da quel giorno, ognuno di noi conosce un’altra lunga parte della propria storia. L’abbiamo vissuta. A distanza, in modi differenti, ci siamo adattati, chinandoci a sistemare i ritagli dell’esistenza quotidiana. Così in alto non siamo saliti mai più.

(racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2010)